Nella pratica delle vendite immobiliari le agenzie utilizzano moduli predisposti dalle Camere di Commercio denominati conferimento di incarico di vendita o mandato a vendere con cui il proprietario dell’immobile conferisce all’agenzia l’incarico a reperire l’acquirente.
Tale incarico è stato inquadrato dalla giurisprudenza nel contratto di mediazione atipico in quanto a differenza del contratto di mediazione previsto dal codice civile è un contratto conferito soltanto da una parte contraente del futuro contratto di compravendita ed è assimilabile al contratto di mandato in quanto l’agenzia si obbliga a compiere con diligenza e professionalità l’incarico preciso di reperire un acquirente per conto del venditore.
Di solito in tali tipi di contratti in forza del principio di autonomia contrattuale delle parti è inserita una clausola con cui il venditore in caso di rifiuto immotivato a vendere il proprio immobile alle condizioni pattuite o in caso di revoca dell’incarico prima della sua naturale scadenza si obbliga a corrispondere all’agenzia immobiliare una somma a titolo di penale.
Dunque se è pur vero che il venditore è libero di non vendere più il proprio immobile è altrettanto vero che l’agenzia ha il diritto a percepire il compenso per l’attività imprenditoriale svolta per reperire l’acquirente quantificato in via anticipata nella clausola penale.
Negli ultimi tempi però i diritti delle agenzie immobiliari a veder riconosciuto il compenso per l’attività svolta a fronte di immotivati rifiuti dei proprietari considerati consumatori a vendere il proprio immobile sono stati notevolmente ridimensionati.
Infatti, l’Antitrust ha considerato vessatorie le clausole che applicano al consumatore una penale per inadempimento manifestamente eccessiva in caso di violazione del patto di esclusiva, rinuncia/rifiuto a contrarre, mancato perfezionamento della vendita, indisponibilità a far visitare l’immobile e revoca dell’incarico.
Anche la Corte di Cassazione ha ritenuto che il Giudice debba valutare la vessatoria della clausola che obbliga il venditore in caso di rifiuto a concludere il contratto a pagare una somma identica (o vicina) a quella stabilita per la provvigione ovvero se la stessa determini un significativo squilibrio fra i diritti e gli obblighi delle parti.
Il Tribunale di Roma con recenti pronunce non ha assunto una posizione univoca.
Infatti, la penale, di fronte al rifiuto del venditore a concludere l’affare che però non costituisce inadempimento, può e deve trovare causa e giustificazione nella remunerazione dell’attività posta in essere dall’intermediario nella ricerca di un potenziale acquirente nell’esecuzione di uno specifico incarico e nell’interesse specifico della stessa parte venditrice.
Peraltro occorre spostare l’attenzione dall’inadempimento del venditore al contenuto della clausola penale che deve essere proporzionata in modo chiaro e comprensibile all’attività svolta dall’agenzia immobiliare fino al momento della revoca dell’incarico evitando di determinare compensi eccessivi o indipendenti dal tempo per il quale tale attività si è protratta.
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